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TACCUINO ANASTASIANO

9 agosto 2007

Insensate apparenze, di Emiliano Cesari

In poesia non è possibile fuggire / sfuggire dal mondo (esteriore e/o interiore) e rifugiarsi entro schemi di prammatica, seguire volente o nolente la via preconfigurata dalla società in cui si vive. Altrimenti non sarebbe poesia. Estendendo il discorso, non sarebbe arte. In effetti, la poesia non ubbidisce a nessuno, essa rappresenta lo specchio spontaneo e genuino dei propri sentimenti: espressi innegabilmente in modo veritiero. Allora, apparentemente “Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente”: in realtà il nostro Autore, Emiliano Cesari, con questo esergo del Pessoa vuol dire proprio che il poeta è in realtà un comunicatore da interpretare in profondità, perché solo in superficie egli appare “finto”, aderente cioè allo schema convenuto della società. Il poeta finge per sentire ed offrire apertamente la propria verità e la verità che osserva e traduce con la sua arte letteraria. Così il Cesari è profondo nel suo dialogare con sé stesso, nel suo porgere una verità amara e spesso dicotomica (da una parte i bravi e i potenti, dall’altra lo squallore dei perdenti): “La verità io vi dico / è che sto morendo / e la cosa non mi interessa / anzi / vorrei accellerare i tempi. / Così parlava un bimbo / di appena 7 anni / quando gli spiegarono / la scienza della morte / che la fine di suo padre / spetta a chiunque.” E’ questa durezza che connota tutta la poetica del nostro Autore, un corpo letterario che mette a nudo i sentimenti più amari e nello stesso tempo appassionatamente intrisi di un genuino vigore e incitamento nel proseguire lungo l’impervio cammino della vita. La verità del Cesari è dunque questo apparente senso di disfatta che aleggia anche nelle minime cose: “La foglia si stacca dal ramo / per getterasi / innamorata / fra le braccia del terreno / ma mai lo ammetterà: / è colpa del vento / o della stagione”. E’ dappertutto il male e il disagio, negli uomini e nelle cose, nella vita di tutti i giorni e nel comportamento di una società niente affatto castigata, ma libera impunemente di commettere ogni sorta di iniquità. Il messaggio poetico del Cesari è dunque denuncia, una denuncia che però apre a speranze segrete e inattese: “Per cantare bisogna respirare / e un canto strozzato / non possiede la forza / il suono / la melodia / di un campo di girasoli / che canta inni amorosi / a un sole torbido d’estate”. E’ questo spiraglio, questo canto quasi inavvertito di girasoli ad un sole torbido e indifferente, l’unica salvezza, l’unico confine del poeta, che mai ferma il proprio passo, neanche di fronte ad una morte senza ragione.

Giuseppe Vetromile

Emiliano Cesari, "Insensate Appartenenze", poesie. Edizioni di latta, Milano. Prefazione di Maria Gabriella D'Agostino. Copertina di Olimpia Smith. Collana "Menti assetate", ottobre 2007.

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PUNTO, Almanacco della Poesia italiana

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ARCARTE - IL VIAGGIO DELLA CREATIVITA'

Si è svolto il 30 novembre scorso, alle ore 17, presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano in Via Monte di Dio 14, Napoli, il Convegno di studi e reading di poesia "ARCARTE - IL VIAGGIO DELLA CREATIVITA'".
All'interessante incontro, promosso e organizzato dall'Istituto Culturale del Mezzogiorno e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, hanno preso parte:
- Natale Antonio Rossi, Presidente Unione Nazionale Scrittori Artisti;
- Ernesto Paolozzi, Università di Napoli Suor Orsola Bnincasa;
-Antonio Scamardella, Università di Napoli Parthenope;
- Antonio Filippetti, Presidente Istituto Culturale del Mezzogiorno.
Nell'ambito del convegno si è svolta la rassegna "Liberi in Poesia", con la partecipazione di autori di diverse generazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito ad "ARCARTE" quale suo premio una medaglia di rappresentanza.

Le foto del convegno

Presentazione "Sulla soglia di piccole porte"

Enza Silvestrini, 11 ottobre 2012