
Così Angela Caterina, giovane poetessa avellinese che però già concepisce la poesia come forte e alta espressione artistica-letteraria da seguire e frequentare pedissequamente e con coraggiosa tenacia contro il degrado culturale generalizzato che imperversa a tutto campo nel e tra gli sfilacci del qualunquismo quotidiano, ripone in un Pierrot nient’affatto melenso e ingenuo, la propria anima poetica e dialogante, con impegno e intelligenza creativa, indovinando una strada che di solito è impervia e senza meta, ma che qui, in lei autrice originale, è difficile sì, ma sicuramente è intrapresa e percorsa con autorevolezza, originalità e capacità artistica. Una strada-ponte, insomma, tra il mondo reale nel quale la poetessa è immersa, e il mondo figurativo-sentimentale-analogico che traspare nel suo “Pierrot”.
Il discorso poetico di Angela Caterina in questo suo raffigurarsi Pierrot-alter ego, scendendo nel solco della sua anima artistica, è indubbiamente singolare e rispondente alle generali esigenze di un fare e dire poesia che non fotocopi percorsi già battuti o stanchi elementi di banale ovvietà, ma che sia forza generatrice e ri-creativa della stessa materia poetica, inducendo nel lettore la giusta eco o profonda riflessione. Una poesia originale, la sua, tanto nei contenuti quanto nell’espressione formale, che segue un percorso frammisto tra lirica e prosa, misurato al momento opportuno, a seconda del giusto e armonico vedere/sentire della poetessa. E’ un lungo dialogo, insomma, con picchi di buona poesia, come in questi versi: “La mia anima sembra uno specchio di buio stasera, / un mare capriccioso / dove le stelle si flettono, / ma le onde portano via…”.
Angela Caterina, con il suo Pierrot poetico, rappresenta una deliziosa novità nell’attuale panorama della poesia campana e certamente il suo buon inizio merita un occhio di riguardo da parte dei critici e degli intenditori.
Angela Caterina, “Io Pierrot”, Per Versi Editori, Grottaminarda (Av), 2009. Prefazione di Armando Saveriano
Giuseppe Vetromile
7/3/10
Pierrot si disegna la lacrima
Ti vidi abbandonare il tuo sorriso,
mentre l'umida nebbia d'autunno
copriva le luci smorte dei lampioni.
Avevi il volto di chi non sa più d'essere,
mentre tutto si addormentava triste
dentro i tuoi occhi assenti.
Appoggiasti i gomiti, il mento
sul bordo del muricciolo.
Non t'importava ciò che stava accadendo...
Sentivi solo il gelo e il vuoto
che prendevano il posto dei tuoi sogni più belli.
Eri diventata un'altra,
in un istante la tua innocenza
era stata rapita da un demonio dalle mille facce,
e tutto intorno a te era specchio di un'immonda realtà.
Lui ti sorrideva e gongolava nel vederti soffrire...
Godeva nell'atto di sottrarre goccia a goccia il tuo essere,
godeva nello sghignazzare sulla tua faccia sconvolta...
godeva di aver rubato la tua vita,
e ancor oggi gode
perché appare nei tuoi incubi
di donna.
Nessun commento:
Posta un commento
Inserisci un tuo commento