In certi punti della nostra storia umana è quasi obbligo soffermarsi a considerare l’esistenza come un qualcosa che vada oltre i lembi di uno schema pratico e predefinito, in cui solo le equazioni e le leggi chimico-fisiche governano il mondo materiale e noi ne siamo inconsapevoli (o consapevoli?) attori. Voglio dire che la materialità e la fisicità del mondo infondono in noi il senso della superficialità e della imprescindibilità della vita: così sono le cose e così va il mondo, spesso si afferma. Ma alla persona attenta e sensibile agli “input” della natura, ai segnali che continuamente da essa provengono e che noi, proprio a causa della frettolosa quotidianità, spesso non avvertiamo, non si lascia sfuggire l’eco, anzi il sussurro profondo che proviene dal creato. Il poeta è una di queste persone sensibili. Ma naturalmente questa è sola una partenza, nel senso che il poeta inizia il suo viaggio attraverso la storia del mondo, in prospettiva, acquisendo via via elementi e frammenti da elaborare, e soprattutto senza fermarsi mai: il poeta è condannato a morire poeta, non sarà più possibile fermarsi, né cambiare mestiere. “Quando passaggi di comete” solleciteranno il poeta a illuminare le penombre e i grigi del dubbio della propria anima, allora egli si muoverà col suo bagaglio di esperienze progredendo lungo il cammino, descrivendo ed esprimendo, a se stesso e al mondo, il valore fondamentale che in una sola parola è racchiuso: la vita.
Da qui la grande capacità dei poeti di vedere oltre, non solo astraendo dai fatti, dalla storia, dai meccanismi e dalle meraviglie della natura, ma riuscendo a farlo in modo originale e artistico, unico e non “riproducibile”. E’ il caso, ad esempio, di Pasquale Balestriere, attento e colto poeta ischitano, che proprio in questi ultimi anni ha accelerato il suo viaggio poetico, a dimostrazione di quello che dicevamo prima, e cioè che un vero poeta tutt’al più può avere dei momenti di silenzio e di “decantazione”, ma dalla poesia non potrà mai prescindere e questa rimane per sempre connaturata all’anima e all’intelligenza dell’autore. Abbiamo così, se possiamo dire, un graduale ma veloce moltiplicarsi del suo intuito poetico con la realizzazione, tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, di ben due sillogi poetiche, pubblicate grazie all’ottenimento di due rispettivi premi letterari. Si tratta delle raccolte “Del padre, del vino”, e “Quando passaggi di comete”.
Sono due raccolte distinte che non hanno alcun riferimento comune se non quello dello stile e del tono poetico dell’autore, e naturalmente la differenziazione riguarda anche il contenuto. Nella prima silloge, “Del padre, del vino”, l’accostamento tra la figura del padre, che sintetizza il sentimento e il valore della famiglia, e la classica bevanda mai assente nella storia e nelle tradizioni, è quanto mai indovinato: “Mio padre mi guidava tra i filari / di grappoli opulenti, e con amore / ne notava la forma e il colore"; (da “Testamento di… vino”). E’ una poesia del ricordo, ma anche del richiamo alla terra, al forte sentire e ri-sentire quei legami indissolubili con la natura, e in particolare con il mondo solare mediterraneo: “Di queste vigne mi pasco / brevis dominus / ne mieto dolcezze fugaci / nell’orizzonte circolare della vita / che s’apre al tramonto”.
Diversa invece la visone e l’interpretazione del mondo nella seconda raccolta “Quando passaggi di comete”. Il florilegio poetico, sottotitolo quanto mai indovinato, rafforza l’intento di estendere la poesia a mondi e stati d’animo diversi, in una plaquette che solo apparentemente sembra essere priva di organicità, ma che invece propone un suo segreto leit-motive nel canto variegato alla natura (“Questo giorno si volge, folle stoppia / del tempo, nella sera, spento ormai / l’acre sussulto del sole.” Da: “Rosso pitecusano”), alle persone che contornano l’autore (“A Vincenzo”, “Ad Angelo”), al giusto senso civico, alla pietà per il prossimo (“E’ morto ieri il barbone tra due / fioriere, stanza da letto di Piazza / Marina…” Da: “E’ morto ieri”): sono, questi, contenuti importanti che, insieme ad un dettato espressivo piano e dolce, a volte duro ma mai aspro, fanno della poesia di Pasquale Balestriere un documento di indubbio valore artistico nell’attuale panorama poetico-letterario campano e nazionale.
Pasquale Balestriere, “Del padre, del vino”, Edizioni ETS, Pisa, 2009
Pasquale Balestriere, “Quando passaggi di comete”, Carta e Penna Editore, Torino, 2010
Giuseppe Vetromile
Da qui la grande capacità dei poeti di vedere oltre, non solo astraendo dai fatti, dalla storia, dai meccanismi e dalle meraviglie della natura, ma riuscendo a farlo in modo originale e artistico, unico e non “riproducibile”. E’ il caso, ad esempio, di Pasquale Balestriere, attento e colto poeta ischitano, che proprio in questi ultimi anni ha accelerato il suo viaggio poetico, a dimostrazione di quello che dicevamo prima, e cioè che un vero poeta tutt’al più può avere dei momenti di silenzio e di “decantazione”, ma dalla poesia non potrà mai prescindere e questa rimane per sempre connaturata all’anima e all’intelligenza dell’autore. Abbiamo così, se possiamo dire, un graduale ma veloce moltiplicarsi del suo intuito poetico con la realizzazione, tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, di ben due sillogi poetiche, pubblicate grazie all’ottenimento di due rispettivi premi letterari. Si tratta delle raccolte “Del padre, del vino”, e “Quando passaggi di comete”.
Sono due raccolte distinte che non hanno alcun riferimento comune se non quello dello stile e del tono poetico dell’autore, e naturalmente la differenziazione riguarda anche il contenuto. Nella prima silloge, “Del padre, del vino”, l’accostamento tra la figura del padre, che sintetizza il sentimento e il valore della famiglia, e la classica bevanda mai assente nella storia e nelle tradizioni, è quanto mai indovinato: “Mio padre mi guidava tra i filari / di grappoli opulenti, e con amore / ne notava la forma e il colore"; (da “Testamento di… vino”). E’ una poesia del ricordo, ma anche del richiamo alla terra, al forte sentire e ri-sentire quei legami indissolubili con la natura, e in particolare con il mondo solare mediterraneo: “Di queste vigne mi pasco / brevis dominus / ne mieto dolcezze fugaci / nell’orizzonte circolare della vita / che s’apre al tramonto”.
Diversa invece la visone e l’interpretazione del mondo nella seconda raccolta “Quando passaggi di comete”. Il florilegio poetico, sottotitolo quanto mai indovinato, rafforza l’intento di estendere la poesia a mondi e stati d’animo diversi, in una plaquette che solo apparentemente sembra essere priva di organicità, ma che invece propone un suo segreto leit-motive nel canto variegato alla natura (“Questo giorno si volge, folle stoppia / del tempo, nella sera, spento ormai / l’acre sussulto del sole.” Da: “Rosso pitecusano”), alle persone che contornano l’autore (“A Vincenzo”, “Ad Angelo”), al giusto senso civico, alla pietà per il prossimo (“E’ morto ieri il barbone tra due / fioriere, stanza da letto di Piazza / Marina…” Da: “E’ morto ieri”): sono, questi, contenuti importanti che, insieme ad un dettato espressivo piano e dolce, a volte duro ma mai aspro, fanno della poesia di Pasquale Balestriere un documento di indubbio valore artistico nell’attuale panorama poetico-letterario campano e nazionale.
Pasquale Balestriere, “Del padre, del vino”, Edizioni ETS, Pisa, 2009
Pasquale Balestriere, “Quando passaggi di comete”, Carta e Penna Editore, Torino, 2010
Giuseppe Vetromile
17/3/10
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