Perché questo titolo così particolare per un libro di
poesie? Particolare e perentorio, aggiungerei, diverso certamente dalla maggior
parte delle pubblicazioni poetiche, per le quali l'autore generalmente usa come
titolo una delle poesie della raccolta, magari quella più significativa, per
lui, o quella che più delle altre racchiude in sé il progetto comunicativo
dell'intero libro. Ed è giusto, perché il titolo di un libro, che sia esso un
romanzo, un saggio, una raccolta di poesie o altro lavoro scritto, deve in
qualche modo richiamare l'attenzione sul contenuto, ne deve essere il faro
attraente e non disperdente, ne deve essere il nocciolo, il nucleo, come il
protone centrale dà significato e identità all'atomo e alla materia.
Dicotomie, dunque, è un titolo che fa eccezione, pur nella
sua eccellenza ed eleganza verbale. Non è il titolo di una delle poesie inclusa
nel libro, ma è comunque vero che il lettore attento (e amante della poesia, di
una poesia niente affatto superficiale e blanda, bensì di una poesia di alto
spessore qualitativo, sia per contenuti che per modalità espressive...) saprà
individuare nel lungo e interessante filo poetico che l'autore, Nazario
Pardini, tesse, i nodi, le coincidenze, i rimandi e le fondamenta comuni che
uniscono una poesia all'altra. C'è infatti un cemento sostanziale di fondo, in
questo libro, e parlo naturalmente della sezione dedicata alle poesie (il
libro, come vedremo, è arricchito da altre sezioni letterarie), che riesce a
tenere insieme gli impeti quasi deflagranti di un dire poetico a 360 gradi,
come suol dirsi, e che accolgono le esigenze proprie del poeta a voler
considerare il tutto osservato e osservabile anche se separato e lontano
vicedenvolmente nel tempo e nello spazio. Da qui le dicotomie di Nazario
Pardini, che non vogliono esprimere, secondo me, delle nette e categoriche
divisioni o visioni del mondo in due parti opposte, una positiva (bene) e una
negativa (male), bensì vogliono essere delle continue "oscillazioni"
tra due o più poli di idee e contenuti, che nell'insieme si integrano e si
completano: "Ora è il cemento che guasta la collina / e di gran corsa /
l'odore di benzina. Su quel colle / non profumano più quei bocci bianchi; / ci
sono uccelli a branchi / che roteano largamente sui detriti / dell'ingordigia
umana" (Da: "L'albero in cima alla collina", p. 25): è solo
un esempio, questo brano, e ne possiamo trovare tantissimi altri, di come già
all'interno dei testi sia possibile trovare alternanze dicotomiche che separano,
in questo caso, la natura (l'albero in cima alla collina, gli uccelli a
branchi) dall'opera disgregante dell'uomo (l'odore di benzina, l'ingordigia
umana).
Si avverte dunque una continua tensione, nei testi
"dicotomici" di Nazario Pardini, uno stiramento, una elongazione, se
è lecito usare questo termine tecnico, che tuttavia mantiene intatto il corpo
poetico di ciascuna lirica, non provoca sfilacciamenti estremi o mancanze
improvvise di territorio poetico. La poesia di Nazario Pardini è infatti un dire
circolante e continuo tra quei "poli" referenziali di cui accennavo
più sopra: la memoria e i ricordi, ad esempio ("Si faceva la guerra di
trincea / nel fango delle veglie o del solleone ... / C'è un sorriso / sul
volto della Storia ed il destino / gioca con noi e cambia il suo cammino",
da "La trincea", p. 30); e poi l'umanità ("... Allora
esisto. Esisto veramente. E questa è vera gioia. Quel che provo / è il potere
dei sensi che traducono / il bello delle cose in sentimenti, / anche se vani,
prova della vita", da "La prova della vita", p. 58),
e poi ancora la natura: ("Mi trovo qui davanti alla tua piana /
frammentata da scaglie ed azzannata / da becchi di uccelli voraci / ed
insaziabili. Mare! Mio mare!...", da "Colloquio con il mare",
p.61; e ancora:"Pinete, / sempreverdi alcove / di contorno al mare; /
il profumo acuto / del pino e del moreccio / si fanno più forti in autunno...";
da "Pinete", p.113).
In questa circolarità di temi (che denota una profonda
sensibilità umana e sociale da parte dell'Autore, anche e soprattutto nei
confronti del mondo abitato e della natura, nel trattare con esiti poetici
davvero alti la summa delle sensazioni, delle immagini, degli stati
d'animo, delle riflessioni, degli slanci di rammarico ma anche di gioia, che
troviamo disseminati in tutto il percorso lirico del libro), Nazario Pardini
propone al lettore il suo progetto poetico, che è completo, che è originale,
che è valido sotto tutti gli aspetti e modalità che fanno di un libro di poesie
qualunque un ottimo libro di poesie, riferimento importante in questa piazza
poetica attuale, dove il qualunquismo letterario la fa purtroppo da padrona.
Il linguaggio poetico di Nazario Pardini è molto
interessante: è lirico, è diretto, a volte è colloquiale, un colloquio che è
essenzialmente rivolto a se stesso, quasi un voler accentuare nelle domande che
egli si pone, nelle riflessioni sulla vita e sulla morte, il mistero che non
può esere risolto umanamente, ma soltanto in un confronto diretto con Dio
("Ti ho posto la questione tante volte! / Questa mia vita, / questa mia
vita mia che cosa è mai?... Io la vorrei da Te, dall'Alto Cielo / la conferma
che esisto per davvero", da "Esisto?", p. 42).
Il libro è complesso, tipograficamente gradevole e ben
strutturato. Impreziosito dall'ottima e puntuale prefazione di Sandro
Angelucci, è diviso in tre "scomparti" o sezioni poetiche:
"Dicotomie", "Racconti in versi", e "D'amore di terra
e di mare" (in cui sono raccolte le liriche dal 1980 al 1990). Vi è poi
una lunga ed esauriente sezione del libro, alla fine, dove sono riportate le
tantissime "Note critiche", prefazioni e commenti vari sulla poetica
del nostro Autore. Tutto ciò fa risaltare ancora di più il prezioso messaggio
poetico di Nazario Pardini, il quale si colloca certamente tra gli autori di
poesia, e non solo, più validi e significativi dell'attuale panorama letterario
nazionale.
Nazario Pardini, "Dicotomie", The Writer Editions,
Milano, 2013; prefazione di Sandro Angelucci. Pagg. 317, Euro 16,00
Giuseppe Vetromile
22/5/13
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