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IL CIRCOLO LETTERARIO ANASTASIANO CONTINUA SU:

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TACCUINO ANASTASIANO

25 giugno 2009

Presentato al Circolo IncontrArci gli "Inventari apocrifi" di Giuseppe Vetromile

Il verso di Giuseppe Vetromile si tende sempre più, fino a lacerarsi, per accogliere, raccogliere quanto più possibile della ridondanza del mondo che il poeta continua a investigare, a interrogare intrecciando la propria esistenza con quella della realtà che lo circonda e, in uno slancio disperatamente panico, dell’universo stesso (Enzo Rega). Questa nuova raccolta di versi di Giuseppe Vetromile si svolge intorno ad un’indagine sul senso del mondo e della vita, e quindi anche sul senso di sé, sulle curve di un cammino che si snoda tra “soste”, “voglie” e “speranze di partenza” (Raffaele Urraro).
Sono questi alcuni passi tratti dalle “Note critiche” riportate alla fine del nuovo libro di poesie di Giuseppe Vetromile, “Inventari apocrifi”, edito da Bastogi, e presentato con successo venerdì scorso, 19 giugno, presso il Salone del Circolo “IncontrArci” di Sant’Anastasia.
In questa sua recente pubblicazione, il nostro prolifico autore, organizzatore tra l’altro di numerosi eventi letterari sul territorio con il suo “Circolo Letterario Anastasiano”, e coordinatore del Concorso Nazionale di poesia “Città di Sant’Anastasia”, giunto quest’anno alla settima edizione, raccoglie i suoi ultimi testi poetici, che si avvalgono di una originale struttura poematica densa e indicatrice di una approfondita ricerca del senso di sé e del mondo sempre immerso nella nebbia del mistero.
Applauditi i due illustri relatori, i poeti e critici letterari Enzo Rega e Raffaele Urraro, i quali hanno ulteriormente sviluppato e approfondito con altri interessanti passaggi e particolari quanto già esposto nelle loro note critiche in chiusura del libro. Prima di loro, Maria Angela Spadaro, presidente di “IncontrArci”, ha dato il benvenuto al numeroso pubblico in sala, presentando la conduttrice della serata, la scrittrice attrice e manager Amalia Vetromile, sorella del poeta, e introducendo l’intervento del Sindaco di Sant’Anastasia, Carmine Pone, e dell’Assessore alla Pubblica Istruzione, Cultura e Cittadella Mariana, Luigi De Simone.
Amalia Vetromile, autrice tra l’altro di un interessante saggio dal titolo “Molto management per nulla”, edito da Guerini & Associati, ha poi coordinato i vari interventi, recitando in modo impeccabile alcuni testi dagli “Inventari apocrifi” del fratello poeta.
Qualificati e attenti i numerosi convenuti, tra i quali parenti, amici, poeti, esponenti sindacali (SPI CGIL Lega di Sant’Anastasia, Camera del Lavoro di Nola) e di altre associazioni del territorio (Centro Anziani Madonna dell’Arco, Federcasalinghe, Xeniart di Mario Apuzzo, Metart di Gaetano Romano).
Al termine, un gustoso buffet offerto dall’Autore nel giardino del Circolo IncontrArci, per festeggiare i suoi 60 anni.

Giuseppe Vetromile
22/6/09

22 giugno 2009

L'"Uscio dischiuso" di Dora Celeste Amato

Giunge ad un certo punto della propria vita un’impellenza, quasi una necessità, di aprire il cuore, di esternare e di manifestare il proprio mondo personale, e di farlo magari in una maniera artistica e letteraria veramente encomiabile e valida. Dora Celeste Amato è con questo libro alla sua prima pubblicazione poetica, ma ciò non vuol dire assolutamente che lei inizia qui il suo percorso lirico. Potremmo infatti anche affermare tranquillamente che poeta si nasce, perché tutti gli esseri umani hanno grazie a Dio il dono della creatività, intesa nel senso più ampio del termine. Ma il talento poetico, come del resto anche le altre espressioni artistiche, deve essere coltivato con passione ed impegno, con dedizione e studio pertinace e costante. Ciò si concretizza senz’altro con la nostra brava Dora Celeste Amato, per la quale possiamo senz’altro ribadire che la poesia vive in lei, ed è tutt’uno con lei, già da molto prima che pubblicasse questo libro, e a conferma di ciò troviamo tutta la sua intensa attività di scrittrice proficua e competente, di operatrice culturale e di autrice di molti libri per il Touring Club Italiano e per la ESI Edizioni scientifiche italiane. Non solo, ma la sua intensa attività creativa si è anche esplicata con successo come programmista-regista di molti documentari per la RAI 3 e per Napoli Canale 21.
Una personalità artistica poliedrica, dunque. Ed allora non poteva mancare questa pubblicazione. Con “Ho dischiuso l’uscio”, Dora Celeste Amato è, è vero, alla sua prima pubblicazione poetica, come dicevamo, ma soprattutto è alla sua amabilissima ed apprezzatissima “apertura” del suo mondo sentimentale e ricco, ricchissimo di valori e di tesori umani e sociali. Una poesia innata, originale e intensa, della quale questa raccolta rappresenta il naturale compendio umano, artistico e storico della nostra autrice, ed anche l’inizio di un flusso e di un discorso fortemente poetico che, una volta “dischiuso l’uscio”, mai più si arresterà.
Ma scendendo più nel dettaglio della poesia di Dora Celeste Amato, mi piace innanzi tutto fare una considerazione, prendendo lo spunto proprio dal titolo del libro, che è a mio avviso quanto mai emblematico. Si sa che ogni persona è alquanto restia, e dimostra un certo imbarazzo ad esprimere il proprio mondo, i propri sentimenti, la propria storia: dischiudere l’uscio della propria anima e del cuore è un vero atto di coraggio, ma utilizzando la poesia, mi si consenta questo termine, per esternare e veicolare agli altri questo mondo interiore, che poi è anche il riflesso elaborato dell’universo in cui viviamo, cioè del come vediamo il mondo che ci circonda, questa operazione assume un aspetto più interessante, più valido, più artistico e quindi anche più efficace. La parola poetica ha uno spessore e una ridondanza di significati, di simboli, di figurazioni, che trasformano il particolare nell’universale, donando al fatto, all’episodio, al quadro descritto, all’impressione, una ricchezza e una molteplicità di significato, in base all’efficacia delle figure retoriche, soprattutto la metafora e l’allegoria, ed anche in base al vigore espressivo, alla capacità di sintesi, alla musicalità, all’originalità dello stile, eccetera.
E il discorso poetico di Dora Celeste Amato risponde pienamente, in questo libro, a tutte queste caratteristiche, mostrandosi subito con un’impronta decisa e scevra da qualsiasi sovrabbondanza o giri di parole: il verso è infatti asciutto ma non piatto, rapido ma non frettoloso, fermo (nel senso di sicuro e deciso) ma per niente statico, sintetico ma assolutamente non vago.
Insomma, Dora Celeste Amato dimostra di possedere una padronanza del verso davvero eccezionale, e come giustamente afferma Francesco D’Episcopo nella sua approfondita prefazione al libro, la nostra Autrice ha racchiuso in questa sua prima silloge, come in uno scrigno scopertamente segreto, cito testualmente, tutta se stessa, il suo mondo, la sua vita…
Il luogo e la data riportati alla fine di ogni lirica adeguano tutta la raccolta ad una esposizione diaristica, ma pregevole e di alto livello poetico, nella quale, appunto, Dora Celeste Amato riporta le sue impressioni, le sue riflessioni, le sue memorie, i ricordi, la natura, i sentimenti, le opinioni, avvalendosi di un verso ben costruito, efficace e sonoro.
La storia poetica di Dora Celeste Amato, in questo libro, inizia negli anni ottanta (la prima poesia porta la data del 1983) per poi giungere alla sua più recente lirica scritta non più di due mesi fa, il 21 aprile 2009; ma il suo non è un semplice raccontare episodi ed impressioni nel rispetto di una sterile cronologia, bensì il dipanarsi ordinato di un discorso e di un cammino poetico che acquista sempre maggiore vigore e spessore a mano a mano che si procede nel tempo, aricchendosi e arricchendoci di umanità lungo il percorso e nella sua lettura.
Ascoltiamola per esempio in “Attesa”: “Sento come l’attesa / di un evento che ha il sapore / di una conclusione. / Sento che domani l’aria dovrà / essere tersa, spazzata via / dalle scorie con il suo volo di angelo. / Sento che attraverso le foglie / vedo i fantasmi del dolore”.
Se la poesia è tale finché anche il lettore attento ne capta il segreto messaggio e lo fa proprio, per cui la poesia non è più di chi l’ha scritta ma invero diviene patrimonio di tutti, allora dobbiamo ringraziare Dora Celeste Amato per averci offerto questa porzione intensa della sua anima e della sua creatività poetica, e le auguriamo che possa, come merita senz’altro, proseguire nella sua approfondita ricerca e donarci ancora le sue preziosità liriche.

Dora Celeste Amato, “Ho dischiuso l’uscio”, Edizioni Intra Moenia, Napoli, 2009
Prefazione di Francesco D’Episcopo. Disegni di Ettore Biondo

Giuseppe Vetromile
22/6/09

12 giugno 2009

Il Poeta Marco Amendolara ricordato alla Fondazione Premio Napoli

Questo corpo non è il mio, / dicesti, al supermercato: / no, non è il mio (mentre guardavi altri corpi) / l’avrei voluto più crudele, e potente, / e ora che svanisce e non so dove andare…”*
E’ sconcertante ri-sentire questi pochi versi del poeta Marco Amendolara, e accorgersi che il vero poeta è in fondo un precursore del mistero e della verità tenacemente ricercata tra le pieghe del mondo e dell’universo intero. Con un senso, anzi con molti sensi in più rispetto a normali cinque da noi posseduti, in quanto il poeta ha appunto una capacità di vedere e di sentire le cose più “esercitata”, ed è per questo più attento ai messaggi interni ed esterni che sollecitano e stimolano la scrittura creativa.
Marco Amendolara è stato un poeta che è andato "oltre": forse mai soddisfatto, come del resto tutti i “grandi”, egli tendeva ad una quasi perfezione dell’esposizione poetica, nel giusto incastro dei termini e nel valore semantico da attribuire ai termini.
Nato a Salerno nel 1969 e prematuramente scomparso un anno fa, Marco Amendolara, poeta, saggista e critico letterario, è stato ricordato ieri, 11 giugno, presso la Fondazione Premio Napoli a Palazzo Reale, in un interessante incontro nel quale Ugo Piscopo, Alfonso Amendola, Ciro Vitiello, Carlo Di Lieto e Rino Mele hanno ricordato la Sua figura e le Sue opere, esponendo e raccontando con ricchezza di particolare e profondità di analisi, aspetti e caratteristiche del suo modo di scrivere e interpretare la poesia, l’arte e la letteratura. Accolti dal Presidente della Fondazione Premio Napoli, Silvio Perrella, gli illustri relatori, e in particolare il promotore dell’incontro, Ugo Piscopo, hanno proposto ed esortato tutti a realizzare e a promuovere ulteriori incontri e convegni di studio sul poeta Marco Amendolara, affinché la sua preziosa opera e i suoi lavori non si affievoliscano nella memoria e nella storia letteraria attuale.
Gremita la sala da parenti, amici e da numerosi poeti della Città e delle cittadine del vesuviano.

Giuseppe Vetromile,
12/06/2009

*(Brano poetico tratto dal volumetto “La bevanda di Mitridate”, edizioni Marocchino Blu, Lucca, 2008)

9 giugno 2009

La vita che ha più vita, di Vincenzo Russo

E’ da poco stato pubblicato, per conto della LER Editrice di Marigliano (Na), l’ultimo lavoro poetico di Vincenzo Russo, noto poeta napoletano, che ha il grande merito, tra l’altro, di perpetuare e rinvigorire il classico e intramontabile dialetto, o meglio lingua napoletana. Il volume s’intitola “La vita che ha più vita” e raccoglie le migliori liriche del nostro poeta, impreziosite da un’ottima veste tipografica e da una copertina e retrocopertina che riportano interessanti opere pittoriche dello stesso Autore. Completano la raccolta note di autorevoli critici e poeti, tra i quali Angelo Calabrese, Carmine Manzi, Rosa Spera, Giuseppe Vetromile; chiude una postfazione di Luigi Crescibene, giornalista e critico d’arte.

La “napoletanità universale” nella poetica di Vincenzo Russo

La lingua napoletana è morta? Certo, dopo un’epoca gloriosa e unica nel suo genere, epoca che ha visto, o sarebbe meglio dire ascoltato, il canto di poeti quali Di Giacomo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, per citarne solo qualcuno, sarebbe facile stabilire che in effetti l’asserto ha un fondo di verità. Non si torna indietro, e quel periodo caldo, appassionato, genuino, ricco di sentimento, difficilmente si potrà ripetere: il contributo di questi grandi personaggi nella riqualificazione e rivalutazione della lingua napoletana, facendola assurgere a livello addirittura mondiale, è stato determinate, incisivo. Melodicità, sentimento, passione, tutti valori indiscutibilmente forti e pregnanti la vita quotidiana di allora: era questo il substrato, l’”humus” da cui i poeti napoletani attingevano i motivi ispiratori per produrre, in perfetto vernacolare, liriche davvero magnifiche, divenute famose in tutto il mondo.
Oggi c’è degrado, parlando di napoletanità, in tutti i sensi. Difficile, quasi impossibile, ritrovare quei temi e quei canti. La lingua napoletana non si insegna nelle scuole, e rimane la “parlata”: ma senza una struttura di base, una opportuna grammatica, il napoletano rischia, e sta rischiando, di perdersi, di perdere l’antico smalto, l’antico splendore. In questo senso, la lingua napoletana sembra che vada verso il deterioramento. Chi più è in grando di “scrivere”, per non dire “poetare”, in perfetto napoletano classico?
Pochi autori, pochi poeti contemporanei, che si sono sobbarcati l’onere, ma direi di più il piacere e l’intelligenza, di proseguire partendo da “quei” punti fermi, e facendo dunque “rifiorire” le antiche melodie. Uno di questi è senz’altro il nostro Vincenzo Russo, omonimo di un altro grande napoletano, Ferdinando Russo, autore di versi e di canzoni famose (e vuole essere questa fortunata coincidenza di cognomi e di attività, un augurio per il nostro perché possa innalzarsi sempre di più nell’arte poetica, e non solo!). Vincenzo Russo, il nostro, è in effetti un autore eclettico, dove l’ecletticità è anche maestria al pari di competenza e di tecnica artistica. Egli infatti eccelle sia in poesia che in teatro e in pittura. Forse gli manca la musica, ma questa è senz’altro insita nei suoi versi. Lo troviamo dunque nella regia teatrale con la compagnia partenopea “L’Altra Scena”, con la quale rappresenta i migliori autori del teatro napoletano dell’otto-novecento. Lo troviamo in pittura, per la quale riceve prestigiosi premi, con partecipazioni a rassegne e mostre collettive a livello nazionale.
Ma lo troviamo in poesia, ed è qui che ci soffermiamo maggiormente. Nella presente raccolta Vincenzo Russo ha voluto riunire la sua migliore produzione poetica in vernacolo napoletano, e si tratta infatti di testi che hanno meritato il primo premio in importanti concorsi letterari nazionali, per offrire alla napoletanità e, beninteso, anche al mondo letterario italiano, un’opera di grande valore sia dal punto di vista intrinsecamente poetico, sia dal punto di vista culturale e sociale, in quanto, riprendendo quanto più sopra esposto, ritengo che il Nostro abbia il grande merito, tra l’altro, di aver rivalutato e restaurato il nobile splendore della lingua napoletana: quest’opera ne è senz’altro una valida testimonianza. E si vede, si nota benissimo, che il Russo è padrone assoluto del linguaggio e dell’espressione napoletana. Il suo verso, molto spesso un settenario fluido e melodico, è sicuro, è diretto, è forte. L’esposizione formale e la scrittura delle parole sono corrette. Se poi vogliamo parlare del contenuto, ma chi l’ha detto che il napoletano si presta soltanto alle sdolcinatezze e alle romanticherie, in virtù di un’espressione eccessivamente melodica? Niente affatto! Il nostro Vincenzo Russo sa affrontare i temi più svariati, con la sua bella ed elegante vena dialettale, ed ogni poesia di questa interessante raccolta è valida e ben strutturata, aderente ai principi ed alle regole metriche e di scrittura. Temi universali, quindi, tra i quali non manca certo l’amore, inteso nel senso più lato (“Ll’ammore ‘e mamma”, “’Stu vaso ca me daje”), il sentimento religioso (“A Giovanni Paolo II”) e familiare; ma il nostro Vincenzo sa affrontare con maestria poetica anche temi sociali (“Ll’indifferenza”, dedicata ai barboni), la libertà, l’ambiente, il rispetto reciproco, il buon vivere civile. Addirittura egli esce fuori dalla napoletanità, se vogliamo, affrontando temi internazionali attuali e dolorosi, come il problema palestinese (“Criature d’ ‘a Palestina”), dimostrando come la lingua napoletana si possa ben adattare allo spirito, alle figurazioni ed alle espressioni non solo del luogo in cui è nata e viene praticata, ma anche in altri contesti socio-culturali.
Una “napoletanità universale”, potremmo quindi attribuire, infine, alla poetica del nostro Vincenzo Russo, instancabile e pertinace indagatore del mondo e della cultura napoletana, autore poliedrico e poeta della continuazione e del rinnovo delle più radicate tradizioni liriche napoletane.

Giuseppe Vetromile

Vincenzo Russo, "La vita che ha più vita", LER Editrice, Marigliano (Na), marzo 2009. Pag. 90, euro 15,00

Le Foto de "La Rocciapoesia 3"

Le foto dell'incontro de "La Rocciapoesia 2", a Pratella, il 27 ottobre 2012

Le foto dell'evento "Una poesia fuori dal comune". Sant'Anastasia, 23 settembre 2012

Una poesia fuori dal comune, Sant0Anastasia, 23 settembre 2012

PUNTO, Almanacco della Poesia italiana

PUNTO SCHEDA

ARCARTE - IL VIAGGIO DELLA CREATIVITA'

Si è svolto il 30 novembre scorso, alle ore 17, presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra di Cassano in Via Monte di Dio 14, Napoli, il Convegno di studi e reading di poesia "ARCARTE - IL VIAGGIO DELLA CREATIVITA'".
All'interessante incontro, promosso e organizzato dall'Istituto Culturale del Mezzogiorno e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, hanno preso parte:
- Natale Antonio Rossi, Presidente Unione Nazionale Scrittori Artisti;
- Ernesto Paolozzi, Università di Napoli Suor Orsola Bnincasa;
-Antonio Scamardella, Università di Napoli Parthenope;
- Antonio Filippetti, Presidente Istituto Culturale del Mezzogiorno.
Nell'ambito del convegno si è svolta la rassegna "Liberi in Poesia", con la partecipazione di autori di diverse generazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito ad "ARCARTE" quale suo premio una medaglia di rappresentanza.

Le foto del convegno

Presentazione "Sulla soglia di piccole porte"

Enza Silvestrini, 11 ottobre 2012