
Detto questo, e mi sembra di aprire un’altra porta sull’estetica e sul modo di poetare della nostra Lucianna, io penso piuttosto che l’autrice abbia voluto sintetizzare in questo titolo davvero indovinato (personalmente ritengo che il titolo di un’opera, specialmente di una raccolta poetica, debba in qualche modo essere il “biglietto da visita”, il nocciolo, di quanto vi è esposto), il suo procedimento, il suo viaggio e la sua esperienza in questo intervallo di spazio-tempo che è addensato nel libro. Conosciamo già Lucianna Argentino per la sua proficua attività non solo di poetessa, ma anche di operatrice culturale e di organizzatrice di eventi letterari, ed io in particolare mi onoro di averla seguita dall’inizio, complimentandomi con lei per le veloci e meritate sue affermazioni che da subito l’hanno innalzata sul piano serio, serissimo, e di grande qualità, della poesia italiana attuale, avendo prodotto tra l’altro un numero cospicuo di pubblicazioni (ricordo in particolare “Mutamento”, della Fermenti, da me recensito su “Pomezia Notizie”). E quindi il suo discorso continua, con questo “Diario inverso”, e c’è senz’altro quel profondo e robusto filo che lega, in ogni poeta che si rispetti, tutte le opere, tutte le poesie: poesie e libri di poesie che, come tante isole di un vasto arcipelago, sono espressioni di uno stesso tessuto, di una stessa “terra sottomarina” in perenne ribollire.
Ma veniamo al libro. L’interpretazione complessiva che ne ricavo, dopo averlo letto con piacere e sintonia, conferma la mia primaria impressione già esposta, e cioè che Lucianna non fa altro che ribadire, in un modo sempre più alto poeticamente e sempre più vicino a quella, oserei dire, perfezione di metro e di stile che caratterizza i poeti maturi e consolidati, il suo excursus nel mondo interiore, a “ritroso”, per recuperare quanto più possibile identità, risposte, verità, lacerti e brani di quella cosa profonda e impalpabile chiamata anima. Non a caso nella interessante e approfondita indagine del prefatore, Marco Guzzi, si evidenzia questa tendenza, questo tentativo di sprofondare nel mistero di sé per trovarvi “quell’altrove dove le cose si spogliano di vaghezza per indossare una nitidezza più prossima alla verità”. E’ dunque un viaggio a ritroso, dicevamo, per ricapitolare il bagaglio umano e sensoriale di sé, riportando su un “diario inverso” la propria forza, il proprio coraggio e tutta la propria essenza, non per “resettare” il proprio vissuto, ma per comprenderlo meglio e per risalire la china: “Sotto la lingua di muschio della notte / l’intimità del mattino è un abbraccio / senza il calore delle braccia / eppure tintinna e porta un tempo nuovo / a ciò che manda avanti il mondo / e al nonostante che ci fa belli”. Ed è questo solo un esempio, ma in tutte le cinquantadue composizioni poetiche che formano questo “diario inverso”, traspare evidente, a mio parere, la ricerca pertinace, lo scavo interiore, il recupero a piene mani di una umanità deflagrata, sminuita e spezzettata. E i termini sono originali, come originale e personalissima è la struttura poetica propria di Lucianna, un taglio dai toni immediati e dolcemente aggressivi, capaci di scuotere intimamente il lettore, il che è già di per sé attestazione di grande e vera poesia.
Lucianna Argentino, “Diario inverso”, Manni Editore, 2006
Giuseppe Vetromile
13/3/09
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