
Ma non è certo questo il caso di Salvatore Violante, noto poeta di Terzigno e attivo e fervido frequentatore della poesia campana, con incontri, eventi letterari e serate dedicate all’arte e alla poesia. Salvatore Violante è un poeta molto particolare e originale, in quanto pur seguendo e frequentando l’attuale panorama della poesia colta napoletana e campana, ha una sua personalissima impronta che lo distingue e lo premia qualitativamente. Il suo ultimo libro, “Sulle tracce dell’uomo”, edito dalla Marcus Edizioni di Napoli, di Alessandro Carandente, è in effetti una ulteriore riprova, se mai ce ne fosse la necessità, del suo talento poetico.
Si tratta di una pubblicazione tipograficamente elegante, anche per la bella copertina che riproduce un dipinto olio su tela dell’artista Lucio Rosco, nella quale il nostro Salvatore Violante ha compendiato molti suoi testi poetici, recenti e meno recenti, compreso un’appendice in cui compare una silloge, “Moti e Terremoti”, già edita nel 1984 a Torino ma ormai esaurita. Sembrerebbe dunque, a prima vista, una confezione poetica disomogenea, ma non lo è affatto, in quanto il sottile quanto marcato leitmotiv che lega tutta l’opera sta, oltre naturalmente nella spiccata personalità poetica dell’autore, proprio nel titolo, “Sulle tracce dell’uomo”. Questo nuovo libro del Violante può infatti considerarsi un vero e proprio viaggio, un excursus al’interno dell’uomo e della sua natura sociale, materiale e psicologica, per trovarvi le vere ragioni dell’essere, e per tentare di dare una risposta alla sua inclinazione (sovente!) al degrado, alla cattiveria, alla furbizia e alle altre nequizie che contraddistinguono l’uomo moderno, in special modo l’homo politicus, e ancora più specificatamente l’homo politicus italiano (“Cani, canaglie, / randagi per le strade / umidi resti, / plastiche e nitrati… / c’è tutto quanto il mondo, / il suo consumo / il fiume-fogna, il mare che s’abbruna”). E’ un canto spesso rabbioso e veemente, intriso di sottile e caustica ironia, quello di Salvatore Violante, un canto sulfureo, ribollente come la terra forte del Vesuvio, alla quale egli è saldamente legato, come afferma anche Maria Elefante nella sua puntuale e ottima nota critica in quarta di copertina. Una poesia di denuncia, nella quale non manca la satira, ma sempre condotta e gestita sapientemente e con intelligente capacità di resa lirica, di studiata architettura poetica, di ricerca lessicale e del giusto tono, delle giuste figure retoriche e giochi di parole (“Il prodotto interno è lordo / se al pane aggiungi il lardo / se corri senza posa / e ti ritrovi peso: / andiamo a fare screening / dell’attimo librato… La data è un’abitudine / come il denaro andato.”).
Il filo conduttore che lega tutta la poetica di Salvatore Violante attraverso una lunga, estenuante, drammatica, ma tenace ricerca delle “tracce dell’uomo”, dell’uomo vero, che possa epurarsi grazie alla denuncia, grazie all’evidenza fortemente icastica espressa dall’autore di questo interessante libro, è dunque questa sua poetica rampante e sgraffiante; ma il nostro è un poeta completo ed esperto, per cui non mancano affatto pagine di alta liricità e di intensa emotività, intrise d’amore e di nostalgia, di forte sentimento (“Com’eri bella / e viva e sana e santa / Marie Martine / quando bevevi il sole / e l’aria dei gerani, / il rosso manto…”). Il che denota in Salvatore Violante una presenza costante e profonda della poesia connaturata intimamente e inscindibilmente alla sua stessa gentile, impavida, gagliarda e umanissima natura di vero poeta.
Salvatore Violante, “Sulle tracce dell’uomo”, Marcus Edizioni, Napoli, 2009.
Nota introduttiva di Rubina Giorgi. Nota critica in quarta di copertina di Maria Elefante.
Giuseppe Vetromile
17/3/2009
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