E anche i poeti urlano?
Ma il loro urlo è di tutt’altra specie: è un urlo silenzioso, un urlo “sottovoce”.
E così Emanuela Esposito ha voluto intitolare la sua recente raccolta di poesie: “Sottovoce”. E’ un titolo indovinatissimo, dunque, non tanto per denotare una certa velata timidezza nell’esporre poeticamente il proprio pensiero (ed in fondo, non ci starebbe poi tanto male un pizzico di fascinoso e candido pudore…), quanto per indicare che soltanto “sottovoce” è possibile ordinare il sentimento, la mente e il cuore, con pacata e fredda analisi introspettiva, per poter poi con estrema sicurezza e certezza asserire la “verità” propria e del mondo: non c’è bisogno di alzare il volume della poesia, ma il tono sì, e la forza che si costruisce dal e sul silenzio, dalla e sulla profondità della propria anima, è senz’altro più efficace e convincente di un urlìo nato dal vuoto o dall’inconsistenza di vaghi e falsi sentimenti.
Emanuela, che pur essendo molto giovane è certamente già matura poetessa, avendo già acquisito con passione e tenacia, ma soprattutto con studio pertinace della materia, un suo proprio valido dettato poetico, un suo modo originale di esprimere la parola poetica, sa dunque molto bene che l’abbrivio poetico comincia di notte, quando tutto il mondo esterno tace, e quello interiore è un organismo pronto ad esplodere: bisogna lasciargli spazio, ma poco per volta, sottovoce, appunto.
Solo così, ad una ad una, ordinatamente ma con una grande vivacità e vigore, le parole di Emanuela escono, nascono al mondo e acquistano densità ed echi di inaspettata sonorità e resa poetica.
Il suo verso è accorato, candido, pulito, slegato da schemi preconfigurati e quindi libero di percorrere l’etere fino al cuore del lettore; ma di più: è vero, di quella verità cristallina che solo il poeta può esprimere senza essere tacciato di autosufficienza o di falsa retorica. Ne scaturisce una parola poetica genuina e incisiva: “Le mie parole / non hanno mai legato / né polsi, né cuori / lontani alla sorgente”. E ancora più oltre: “Sono quello che resta dei miei, / del loro amore / e delle loro grida, / quello che resta di lui, di te.”
Emanuela Esposito si rivela così interessante e valida protagonista, che “sottovoce” diffonde e afferma la sua poesia.
Emanuela Esposito, "Sottovoce", Albus Edizioni, Napoli, 2009. Editing e supervisione di Elena Grande. Prefazione di Francesca Toglia
Giuseppe Vetromile
14/10/09
14/10/09
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