
La prima sensazione che si prova leggendo i versi di questo interessante poeta novarese, è quella di trovarsi di fronte ad un moderno menestrello, anzi un moderno aedo. Specialmente nella prima parte, il lungo monologo intitolato “Chi non ha avuto perdono”, che dà anche il titolo all’intera silloge, il pensiero va parallelamente agli antichi cantori greci, se non altro per la grande musicalità di questi versi, per il ritmo cadenzato e per la loro sonorità. Anche in “Esuli”, la seconda parte, si ritrova l’impronta del cantore classico: “Rivelami, luce abissale, la parte innocente del visibile / il nome dei venti a cui affidare l’ansia delle vele / rivelami il segno da tracciare sul corpo delle cose / l’imperfezione del gesto che porta alla conoscenza”: sembra quasi di riascoltare quel “Cantami o diva del Pelìde Achille l’ira funesta…” nel proemio dell’Iliade. Anche qui, il nostro Poeta–cantore invoca la luce abissale, cioè la profondità arcana dell’essere, in un disperato tentativo di dare significato alle cose e al cammino dell’uomo (rivelami la rotta, ingannatrice di orizzonti).
Ma tornando al primo poemetto, “Chi non ha avuto perdono”, bisogna oltretutto elogiare l’autore per la scelta appropriata sia dell’esergo che riporta un verso di Ungaretti: “Cerco un paese innocente”, sia dei primi versi di introduzione o presentazione: “Ora chi non ha avuto perdono / non l’avrà, è così tardi. / Ora che questo secolo si è accucciato nella sua cenere / e non fa cenno di pentimento / chi non ha avuto misericordia / non l’avrà, è quali l’alba”. Parole terribili, quasi da giudizio universale. Aldo Ferraris dedica questi versi all’umanità reietta e tardiva nell’accettare misericordia e perdono da una sfera divina e spirituale superiore, e scrive per tutti coloro che hanno in qualche modo perso il classico appuntamento con la giustizia, con la verità, con la felicità, e in una parola con i fondamentali valori della vita. Si tratta come dicevo di un lungo monologo, in cui i versi sono legati l’uno all’altro in efficaci enjambement che ne dettano il ritmo cadenzato. E le parole, i termini, non sono mai chiusi nel loro unico significato, ma si adattano ad estensioni e a prolungamenti che toccano soprattutto la sfera emotiva: “la pelle della notte”, “le vibrazioni della storia”, “una copia stampata male di cielo”, e tante altre espressioni del genere, ricche di scintillanti e indovinate figure retoriche.
Ma il viaggio continua. Dopo i primi due poemetti o per meglio dire canti, troviamo il terzo, intitolato “Straniero”, anche qui ben introdotto con un esergo di Baudelaire in francese originale. Dopo "Esilio", quindi, l’autore si trova “perso in una nuova radura e come un bambino canta a esorcizzare la paura”. E’ evidente il filo logico che comincia a d intravedersi, il percorso che lega tra di loro, nel viaggio, le esperienze del nostro poeta–cantore. E, straniero alla città e al mondo, egli osserva “seduto al centro esatto del giorno” e aspetta con pazienza e con amore che il mondo si rassereni e che lo chiami, finalmente. Attenderà, il nostro cantore, attenderà che ritorni quell’antico amore, riportato a lui da un’aria genuina, dai cieli di periferia, e lui resterà immobile, implorando quell’aria di affrettarsi: "presto si farà buio, guardami ora!"
La conclusione di tutto il percorso poetico del nostro Aldo Ferraris, in questo libro, non poteva essere che una "Preghiera": egli intravede un confine di luce che è possibile raggiungere senza attraversare le tenebre. Vivere in armonia con la natura, ricevendo da essa non le cose desiderate, ma quelle di cui senza consapevolezza, si ha veramente bisogno. Un equilibrio giusto, un’armonia indispensabile, senza soverchierie e senza deficit: per un bilancio di vita in perfetta aderenza e consonanza con il creato.
Questa la conclusione, che è anche l’obiettivo, a mio parere, della ricerca poetico–filosofica di Aldo Ferraris, che utilizza la parola poetica con grande esperienza e padronanza, e con una ricchezza di contenuti che il lettore scopre di volta in volta, come aprendo delle scatole cinesi, contenuti che inducono a riflettere sullo stato dell’uomo e su come esso si pone in relazione al mondo. Chi non ha avuto perdono farà ancora in tempo a riappacificarsi con la propria coscienza e la propria identità di uomo alla ricerca degli equilibri naturali.
Giuseppe Vetromile
Aldo Ferraris, "Chi non ha avuto perdono", Kairos Editore, Napoli, 2011. Collana Le parole della Sibylla, diretta da Antonio Spagnuolo. Prefazione di Davide Morganti.
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