"Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola, amore,
lungo la pianura nordica, in un campo di morte...": sono i versi
notissimi e memorabili di una lirica di Salvatore Quasimodo, intitolata appunto
"Auschwitz". Il riferimento mi è parso quanto più consono e
opportuno, volendo scrivere qualche breve riflessione su questo nuovo volumetto
di poesie di Daniele Santoro, "Sulla strada per Leobschutz".
Conosciamo tutti le orrende nefandezze dei lager nazisti che hanno sconvolto
l'umanità durante l'ultima guerra mondiale, un "buco nero" nella
storia in cui sono implosi tutti i valori fondamentali e il rispetto e la
dignità dell'essere umano, e mai vorremmo che si ripetesse un così oscuro e
infamante periodo della nostra cosiddetta civiltà in perenne cammino, si spera
verso mete finalmente rosee e degne di essere vissute da ogni persona del
pianeta. Per questo è importante la memoria, il ricordo, affinchè non si
banalizzi o addirittura si cancelli, come purtroppo è stato tentato di fare,
ciò che ha diabolicamente mosso l'uomo a distruggere con la sofferenza
inaudita, il supplizio e la morte, l'olocausto, l'altro, il prossimo, il
fratello.
Come sempre, la poesia, e la poesia di impegno, è anche qui
vettore significativo di fatti storici, di avvenimenti, di pensiero e di
comportamenti sociali. Nella fattispecie, il libro di Daniele Santoro
costituisce un utilissimo e importante documento di continuità storica, e il
mezzo adoperato, cioè la poesia, è quanto mai illuminato e opportuno, perchè è
capace di incidere profondamente nella coscienza e nell'anima, oltre che nella
mente (la memoria, il ricordo) del lettore. Forse più che con altri
"strumenti" artistici, come il teatro, la musica, la pittura, la
poesia si instaura nell'intimo, superando direttamente ogni barriera corporale
e razionale.
Il lavoro di Daniele Santoro è da apprezzare per
questo ennesimo sacrificio in memoria dell'orrendo olocausto. Ma non solo per
questo. E' un grandioso esempio di come anche con la poesia sia possibile
trattare efferatezze e negatività umane, mostruosità e scelleratezze.
Afferma infatti Giuseppe Conte nella sua accurata
prefazione: "Sulla strada per Leobschutz è un libro che ha un centro
tematico di dura, cupa potenza: il campo di sterminio e l'olocausto, che in
questi versi appaiono nella loro brutalità fisica, nella loro violenza
materiale, assoluta." Siamo pienamente d'accordo, anche perchè il
testo di Santoro dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la poesia è
soprattutto "costruzione", che viene subito dopo l'impulso creativo:
esercizio della mente, come affermava il buon Valery! Daniele Santoro ha
infatti "voluto" creare un lavoro in versi, molto profondo, acuto,
peculiare, e con una struttura organica, monotematica. Difficile realizzare una
tal cosa, generalmente con la poesia si divaga, anche volendo affrontare un
tema unico, ci si spazia a largo raggio, fin dove il verso riesce a suscitare
emozioni e vibrazioni, fino al possibile (o impossibile) confine tra il detto e
il non detto. "Sulla strada per Leobschutz" supera
invece tutto questo, pur seguendo i canoni della molteplicità caleidoscopica
offerta dai versi, imprimendo sulla pagina le varie angolazioni, gli accenni, i
rimandi, le varie sfaccettature di un mondo obbrobrioso, odioso, dedito al
vituperio.
Qualche esempio: "Cristo, l'ho visto io come tremava
nudo / minacciato dal fucile che si era inceppato, / mica si scomponeva
l'ufficiale / scambiava con il sottoposto una battuta / frattanto che
ripristinava il percussore / e lo finiva - carponi nella pozza, / la nuca
spappolata ..." ("Nel cortile della morte", pag. 12). E
ancora: "appena dietro il filo, la catasta / nuda dei corpi (un tempo
femminili, caldi) / il velo disonesto che copriva i visi / in noi lo strazio
che allentava il passo; non sapere / se madri mogli erano, se figlie sono"
("Fiancheggiando il lager delle donne", pag. 26). E a pag. 49
("Sull'orlo della cava"): "penzoloni sull'orlo della cava /
fumava la sua sigaretta / calmamente
quelli / dall'altra parte si svestivano in silenzio / religioso si
abbracciavano restavano / sull'orlo della cava dove penzoloni / finiva la sua
sigaretta / calmamente". Sono dei flashes di incredibile efficacia
espositiva, dove il detto e il non detto, l'allusione, regna al confine di ogni
verso, che ha una cadenza controllata, quasi frenata, ma sempre pare che voglia
esplodere di rabbia e di disappunto, nella costernata meraviglia che l'uomo
possa cadere così tanto in basso. Il verso è dunque in linea con l'atmosfera
greve e fumosa, sottintesa, acre, e nella quasi imparzialità del dettato
poetico (controllo e freddezza connotano tutti i componimenti), emerge tutta la
cruda, assurda verità, anche nelle pietose allusioni.
Un libro-documento pregevole e prezioso, non solo per i
contenuti, ma anche per l'idea creativa originale dell'autore, che ha reso
possibile la realizzazione dell'opera, coerente e aderente alla storia ed ai
canoni alti di una poesia veramente incisiva, colta e in grado di suscitare
forti emozioni.
Daniele Santoro, "Sulla strada per
Leobschutz", Edizioni La Vita Felice, Milano, 2012. Prefazione di Giuseppe
Conte.
Giuseppe Vetromile
24/7/12
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