"Le poesie sono impressioni folli / che chiedono di
fermarsi su carta. / Ti bussano al vetro, / alla fermata di un semaforo / e tra
i volti degli sconosciuti / ti sussurrano "fermami" / ti domandano
"imprimimi", / blocca il tempo con il segno odoroso / della tua mano
sulla carta, / rendimi eterna!".
Sono versi bellissimi di Ottavia Piccolo, poetessa
sarnese che sta riscuotendo un notevole e meritato successo, nonostante la
forte deriva e piattezza di contenuti e di stile di molti tentativi di
scrittura poetica che affollano le segreterie delle case editrici e i circuiti
letterari italiani contemporanei. Si sa, scrivere di poesia non è un peccato
mortale e in fin dei conti, come diceva anche il buon Montale, non si fa del
male a nessuno, almeno in apparenza. E così basta scrivere a volte dei semplici
versi, andare a capo a capriccio, tanto la metrica non viene più utilizzata,
per definirsi poeti. Diverso è il discorso quando si affronta con seria
consapevolezza questo mondo nel quale si vuole, si cerca, di essere
protagonisti: con umiltà ma anche con una discreta competenza, con la lettura
approfondita degli altri poeti per trarne un conforto e un confronto, un motivo
di riferimento.
Ottavia Piccolo fa sicuramente parte di questa
seconda schiera di poeti. Si vede subito, anzi si "sente"
subito, che la sua poesia è lavorata, ispirata sì, ma soprattutto ben messa
sulla pagina, in un progetto poetico di ampio respiro, che abbraccia tutte le
sfere dell'esistenza.
Ho voluto di proposito aprire queste mie brevi riflessioni
sulla poesia di Ottavia Piccolo, con i versi già citati all'inizio e che
chiudono il suo recente libro "La culla dell'estro", perchè
davvero sono significativi, a mio modesto avviso, in quanto costituiscono una
sorta di autodichiarazione della nostra poetessa, dichiarazione certamente
condivisibile e del tutto autentica. "La poesia bussa sempre al vetro"
(leggi: alla persona, racchiusa nel suo involucro materiale e spirituale
insieme, che viaggia nel mondo...). Si tratta di una "conclusione"
alquanto indovinata, che ricuce, riannoda, compendia, tutta la visione poetica
di Ottavia Piccolo, che molto felicemente ha costruito la sua raccolta
poetica fondandola su quattro aspetti notevoli della vita, della propria
intimità, e del mondo: una sorta di quattro punti cardinali, per il cui tramite
è possibile orientarsi e procedere sicuri. Quattro capitoli che riassumono
quindi il progetto poetico della nostra poetessa: "Gli affetti
perduti", "La natura", "Impressioni", e infine
"Gli amori", che coronano in un certo senso la lunga e approfondita
serie di riflessioni in versi. E' un tracciato significativo, perchè la Piccolo
prende il via da un patrimonio sentimentale di fondamentale importanza,
costituito appunto dagli affetti e dai legami familiari, senza i quali non è
possibile avere una giusta apertura verso gli altri e verso il mondo: "C'è
un'ombra celata / da pianti segreti / che a notte inoltrata / fa passi concreti
... " ("L'uomo di spalle", dedicata al padre, pag. 19), afferma
la poetessa, nel suo ricordo che è divenuto riferimento sostanziale di vita e
di amore nei riguardi dei genitori. L'occhio della sua anima spazia poi sulla
natura, dove "Le lacrime degli innamorati / fanno sbocciare gerbere /
nei solchi del cotto / di Villa Cimbrone ..." ("Ravello
prodigiosa", pag. 32): il prodigio dell'amore, dice la poetessa, è capace
di far sbocciare i fiori anche tra le pietre del mondo. Poi medita e riflette,
Ottavia, scrivendo i versi che costituiscono il capitolo delle "Impressioni":
"Temo il distacco, / rinnovo di antico dolore. / temo l'amore, /
presagio di nuovo supplizio ..." ("Il tarlo", pag. 46):
dubbi, remore, ansie, speranze, costruzioni di fede... naturalità di un'anima
sensibile e schietta, quale è quella della nostra poetessa.
Chiude il libro, ma non lo esaurisce certamente, anzi, lo
lascia aperto a illimitati panorami di felicità e di realizzazione, l'amore,
inteso come deve essere inteso, e cioè pieno, coinvolgente, totalizzante:
"Riempimi di te, / nutri la mia bocca coi tuoi baci più caldi
..." ("Riempimi di te", pag. 60).
L'avventura poetica di questo bellissimo libro di Ottavia
Piccolo termina qui, ma come dicevo prima, in sostanza apre e riapre nuovi
orizzonti, che la poesia, con la sua forza e il suo fascino, fa sempre
intravedere. E la poesia di Ottavia Piccolo, che è artista completa, in
quanto si dedica professionalmente anche all'attività musicale, sia come
docente sia come esecutrice di brani al pianoforte e altri strumenti, non
poteva non integrarsi magicamente con la musica, e lo notiamo nei suoi testi,
sempre fluidi e armonici, altamente ritmici, con l'uso sapiente, spessissimo,
della rima.
Una voce nuova della poesia, che ci offre emozioni complete
e indimenticabili.
Ottavia Piccolo, "La culla dell'estro", Morgan
Miller Edizioni, Lucera (Fg), 2011.
Giuseppe Vetromile
21/7/12
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